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"Il rinnovo dei Comites è senz'altro un segnale di democrazia che può consentire alle Associazioni di rivitalizzare il loro ruolo e la loro azione nelle Circoscrizioni ove operano come primarie rappresentanze delle comunità italiane all'estero". È quanto afferma il presidente dell'Istituto Italiano Fernando Santi, Luciano Luciani, nell'editoriale che apre il nuovo numero della rivista Oltreoceano, disponibile on line sul sito www.iifs.it.
Ne riportiamo di seguito il testo integrale.
"Resta fortemente al centro delle questioni la parità dei cittadini residenti in Italia e all'estero, il diritto costituzionale di segretezza e di riservatezza del voto, l'esigenza di esprimere correttamente il voto nei seggi elettorali, stante che il ricorso al voto per corrispondenza non può continuare ad essere consentito, al solo fine di favorire la più ampia partecipazione delle comunità italiane all'estero.
Alla elezione dei Comites farà seguito quella del Consiglio Generale degli Italiani all'Estero (CGIE), che, seppur riformato, esprimerà una rappresentanza di secondo livello del gruppo dirigente espresso dalle comunità italiane.
Con l'introduzione della rappresentanza parlamentare non solo e non tanto si è determinato, anche in relazione all'esistenza del CGIE, una sorta di doppione di rappresentanza, ma molto spesso una vera e propria divaricazione e talvolta conflittualità tra le diverse espressioni presenti, che sovente intendono assumere un ruolo preponderante, se non egemonico, anche nei confronti delle Associazioni e delle comunità insediate sui territori.
In questo contesto vengono pertanto penalizzate le Associazioni di primo grado, operanti nelle diverse Circoscrizioni territoriali, che comunque rappresentano la vera realtà operante, presente, viva e protagonista della vita, del dibattito, del tempo libero e dell'impegno politico degli italiani con cittadinanza e spesso degli oriundi italiani, in atto privi di ogni diritto di rappresentanza diretta negli organismi e nelle istituzioni sopra indicate (Comites, CGIE, Parlamento italiano).
Il paradosso è che tale stato di cose, oltre a indebolire il rapporto storico e fecondo che legava le Associazioni italiane all'estero alle Associazioni di loro rappresentanza operanti in Italia, quest'ultime, sempre apprezzate e collegate con le Associazioni all'estero, spesso finiscono per subire l'ostracismo, i tentativi di emarginazione, il non gradimento nei loro territori dei professionisti fabbricatori del consenso, costruito sulla base di regole anomale che consentono, spesso obbligano, al povero pensionato, al nonnino, al vecchio papà, al bisognoso del riconoscimento di un proprio diritto in Italia, di consegnare la busta vuota sulla quale una terza persona appone l'espressione di voto, che a quest'ultima aggrata: indagini giudiziarie, scandali, arresti, hanno mostrato l'immoralità, la dimensione e la consistenza del fenomeno.
Da qui un complessivo indebolimento dell'Associazionismo, più particolarmente delle vecchie dirigenze delle Associazioni in Italia delle comunità all'estero, spesso caratterizzate da arretratezza culturale e sfrenato individualismo, finalizzato a conservare negli organismi la rappresentanza personale.
L'esistente, in atto, non corrisponde ai bisogni e all'esigenza di una nuova rappresentanza della realtà degli italiani e dei milioni di oriundi italiani all'estero.
In tale contesto abbiamo assistito nei mesi scorsi alla farsa di pseudo "Stati Generali" dove vecchi arnesi della politica, praticamente fuori uso, con la tolleranza o la complicità di taluni altri, hanno operato a porte chiuse al solo fine di autoreferenziarsi e porsi come possibili candidati al Consiglio Generale degli Italiani all'Estero.
Ed è per questo che l'Istituto Italiano Fernando Santi sta seriamente pensando, davanti a tanto sfascio, se è suo dovere farsi carico, unitamente a quelle realtà tutt'ora vive e presenti come l'Unaie, le Acli, l'Anfe e l'Aitef, se capaci di intestarsi novità e cambiamento, di dar vita ad un nuovo e più articolato movimento associativo e federativo in Italia e all'estero che possa includere rappresentanze sindacali, sociali ed economiche e si renda idoneo a misurarsi con la modernità del Paese, la complessità dei problemi degli italiani in Italia e all'estero, la necessità che venga riconsiderata la legislazione esistente in materia, riconoscendo un importante ruolo agli oriundi italiani.
Dagli anni 70 in poi il movimento associativo si è battuto per ottenere nuove leggi e nuovi modelli di partecipazione e rappresentanza.
Nella fase di definizione di tali leggi si è dovuto fare i conti con la rincorrente demagogia degli esponenti del MSI e di taluni tutt'ora viventi dirigenti del PCI e successivamente con la forviante pratica di attuazione di tali conquiste legislative.
In questa nuova fase della vita politica italiana si rende pertanto indispensabile modificare i meccanismi che consolidano l'esistenza di talune risibili "caste" e rinnovare significativamente la legislazione esistente per adeguarla agli interessi più complessivi dell'Italia e degli italiani all'estero". (aise) |
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