ISTITUTO ITALIANO
FERNANDO SANTI
SEDE REGIONALE EMILIA ROMAGNA
 
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Lettera a Luciano Luciani
 

Gentile Presidente Luciani, nell'augurarle i migliori auspici per la giornata di Faenza e nello scusarmi per non essere presente ai lavori, le invio alcune considerazioni relative al tema della giornata. Sappiamo bene che le Società di Mutuo Soccorso nacquero come associazioni di lavoratori che, con la costituzione di una cassa comune, riuscivano a garantirsi assistenza sanitaria, pensione, scuole di alfabetizzazione, biblioteche, gite di istruzione, attività ricreative, occasioni di socializzazione. E sappiamo che un profondo legame è sempre intercorso tra Giuseppe Garibaldi e queste associazioni, che assunsero appieno gli ideali garibaldini come base per lo svolgimento delle proprie attività. E da parte sua il Generale sostenne la diffusione del mutualismo condividendone valori quali il rispetto della dignità del lavoro, la solidarietà, la libertà, l'uguaglianza, la fratellanza, spesso assumendo la presidenza onoraria delle società. Ma molti ignorano che, lungi dall'essere un fenomeno superato, quello delle società di mutuo soccorso e della sussidiarietà rappresenta ancora oggi uno dei temi privilegiati del dibattito politico italiano. Un dibattito che però sembra essersi accartocciato su due tendenze contrapposte e contrastanti sull' idea di unità: da un lato la prospettiva europea e la dimensione globale, in cui l'identità nazionale abbraccia il multiculturalismo e la multietnicità; dal lato opposto la prospettiva locale della chiusura, della secessione e del separatismo. Ma è sufficiente guardare ai 150 anni dell'Italia trascorsi nel suo insieme, per ritrovare la vocazione al federalismo solidale, alla tradizione e alla cultura della municipalità dell'accoglienza e non dell'esclusione; alla vocazione alla solidarietà, alla sussidiarietà orizzontale e al volontariato. Ed è sufficiente guardare all'impegno europeo. Certamente, in un momento nel quale si parla molto di grave crisi dell'Europa, prima finanziaria, poi economica, ora politica e sociale, molti si domandano se quest'ultima potrà sopravvivere. Per rispondere, vale la pena ripensare al cammino degli ultimi sessant'anni di vita europea. E' un profilo che parla di diritti fondamentali e della loro tutela al centro della convivenza europea: prima attraverso la Convenzione europea dei diritti dell'uomo e la relativa Corte a Strasburgo; poi, attraverso la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea del 2000, richiamata dal Trattato di Lisbona nel 2007. Ma l'impegno europeo è quello che era ben presente nelle visioni di Cavour, di Garibaldi e di Mazzini. E' un profilo che è stato coltivato con generosità e con passione sia dai padri dell'Europa, sia dai loro successori. E' un impegno che mira ad un collegamento senza soluzione di continuità tra l'Italia di ieri, di oggi e di domani, e l'Europa. Un impegno al quale guardare con fiducia sopratutto in un momento di crisi come quella che stiamo vivendo, dentro e fuori i confini del nostro Paese. E' la nuova dimensione dell'eguaglianza, delle diversità, della solidarietà, della dignità, della laicità, con cui siamo chiamati a confrontarci in un mondo globale: un mondo segnato dalle migrazioni di massa; dalle patologie dell'economia e del mercato; dall'evoluzione della tecnologia; dalla criminalità transnazionale e dal terrorismo glocale; dai problemi dell'ambiente e dello sviluppo sostenibile. Sono temi che hanno anche segnato il nostro divenire nazione nel passato, e la ricchezza di quell'esperienza deve guidare le nostre scelte e le nostre azioni nel presente per continuare a sperare in un futuro di giustizia sociale e di legalità, e di affermazione dei valori fondanti della nostra convivenza: il lavoro, la dignità, l'eguaglianza, il pluralismo, la laicità, il pacifismo, l'autonomia, l'unità e la coesione. E infine ma non nel senso di ultima, la sussidiarietà e la mutualità che ispirarono i fondatori dell'unità d'Italia e che costituiscono i binari sui quali muoverci nelle nuove sfide del welfare. Ma non intendo sottrarre altro tempo, prezioso, alla giornata che so ricca di illustri interventi.

On. Vittorio Prodi